Isola d’Elba: sono iniziate le riprese del film con Fanny Ardant e Joanna Kulig
Una Fanny Ardant ancora bella e dalla classe inconfondibile, è stata avvistata oggi a Poggio, durante le riprese di “Isola”, il film di Nora Jaenicke (regia e sceneggiatura) con un cast internazionale: le attrici Fanny Ardant appunto, Joanna Kulig e Jason Fernandez. La produzione è di Manish Mundra, affiancato dalla società romana Eliofilm di Ariens Damsi.
Le riprese sono iniziate domenica 1 ottobre all’Accademia del Bello dello scenografo elbano Paolo Ferruzzi, patron dell’Accademia e production designer del film, e dureranno fino al 15 novembre, impegnando un troupe di circa cinquanta persone tra attori, direttori dei vari settori e tecnici.
Trama del film "Isola"
“Isola” (questo dovrebbe essere il titolo del film) è un thriller psicologico che affonda le sue radici nella tradizione Hitchcockiana, ma che guarda con decisione alle esigenze narrative contemporanee. Il film si apre su Ada, donna matura in viaggio verso un’isola dove comincerà il suo nuovo lavoro di badante, per il vecchio Oskar, un uomo condannato allo stato vegetativo. Nell’enorme villa del ricco uomo, Ada fa la conoscenza con la sua giovane moglie, Joanna, splendida e leggiadra, che ricorda le femme fatale dei noir americani. Le due si avvicinano, si sfiorano, si cercano nella mente e nel corpo senza mai arrivare a un climax vero e proprio. Fino al momento in cui Joanna, vera protagonista del film, realizza il disgusto che prova nell’essere condannata all’isolamento e alla sottomissione, al venire sfruttata da chi ha intorno. Compreso il suo amante, Joaquin.
Nora Jaenicke sceglie come arena un’isola intrigante come l’Elba effettuando una scelta non casuale per incorniciare la storia. Il paesaggio e le sue spiagge, lontane dalle coste italiane, sono la perfetta metafora per il senso di lontananza, di distacco, che le due protagoniste provano. Ada è lontana dalla sua terra natia, dal suo amore, da ogni speranza per un futuro degno di questo nome. Joanna è come allontanata da se stessa, dalla donna che era prima di conoscere Oskar e dalla sua passione. L’incontro tra le due, il confronto del loro malessere, crea la frizione necessaria per accendere il fuoco della narrazione. Una danza di avvicinamenti e allontanamenti continui, che riprendono toni e tematica del capolavoro di Ingmar Bergman Persona (1956), dove l’intima sofferenza di due donne profondamente diverse diventa collante per una relazione tossica.
“Isola” è un film profondamente femminile, non solo perché le due protagoniste dipingono un ampio affresco del genere femminile, ma per la delineazione dei personaggi maschili. Oskar, il ricco marito di Joanna, è in stato vegetativo a seguito di una malattia muscolare. Nella sua totale immobilità, è costretto a dipendere dagli altri, ad essere servito e aiutato per ogni minima necessità. Una legge del contrappasso che sembra punirlo per l’ingordigia affettiva che nutriva nei confronti della sua giovane moglie ingabbiata nei suoi desideri e in un’amore tossico e possessivo. Joaquin, amante della giovane Joanna, è un truffatore indolente, artista fallito e tronfio che vive sulle spalle di Joanna.
Un panorama maschile desolante contrapposto a quello femminile che, nonostante sia infettato anch’esso dal “veleno” dei cattivi sentimenti, tenta comunque un avvicinamento emotivo. Sullo sfondo delle vicende, come accennato, vi è l’isola d’Elba.
La villa di Oskar, luogo di intrighi silenziosi e viscide aspettative, è la location principale per buona parte degli snodi narrativi. Un luogo sovratemporale, quasi onirico, luminoso, che si oppone ai luoghi scuri e decadenti del thriller e che consegna nuova linfa vitale a uno dei tratti distintivi del genere. Una scelta ponderata sempre pensando al fine di cogliere impreparato lo spettatore. Ada riprende quindi gli schemi archetipici del thriller, li fa suoi gestendoli consapevolmente, rimaneggiando gli stessi per riadattarli alle esigenze del contemporaneo.
Gli uomini spariscono in favore delle donne, la femme fatale non è più secondaria, ma protagonista. I personaggi sono tutti santi e peccatori, incarnando la veridicità umana suprema: tutti hanno qualcosa da nascondere.
Il film ha tutte le caratteristiche necessarie per una circuitazione nei festival di cinema che hanno sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti di opere dalla stessa tematica come il Torino Film Festival, Locarno, Busan, Berlinale, la Biennale di Venezia e così come il Sundance ed il Toronto Film Festival. Eventi che hanno sempre avuto un’ottima risposta grazie alle tematiche sopra descritte, alla compagine estetica curata in ogni dettaglio, alla struttura particolare sia nella metodologia narrativa, sia per le locations scelte. Un film che avrà sicuramente modo di farsi valere e vedere, una volta entrato in produzione dall’ ampio respiro internazionale.
Fanny Ardant
Fanny Ardant, 74 anni di maestria, è considerata una delle migliori attrici francesi della sua generazione. Nel corso della sua carriera ha vinto due César Awards (su sei nomination), un European Film Award, un Orso d’argento al Festival di Berlino e due Nastri d’argento. La Ardant è l’ultima grande musa ispiratrice di François Truffaut che l’ha diretta nei famosi film “La signora della porta accanto” e “Finalmente domenica!” che le ha fatto lasciare un segno indelebile nella storia del cinema francese.