Il punto vista del geologo
In Geologia, parlare di “spiagge”, e più in senso lato di “linee di costa”, rapportandone la loro genesi, natura ed evoluzione ai tempi geologici, ha un significato estremamente limitato nel tempo. Le linee di costa, infatti – confine tra terre emerse e terre sommerse – e per conseguenza le spiagge, sono la risultante di oscillazioni verticali delle terre e del mare, sulle quali si sono impostati i processi di erosione e sedimentazione marini e continentali. In altri termini la degradazione di una roccia, genera la materia prima (detrito) che i processi continentali trasportano e depositano sui litorali e, una volta rielaborati dal mare, producono clasti di varie dimensioni fino a… le familiari sabbie.
Ecco dunque il punto di vista del Geologo che, trattando di linee di costa e di spiagge, non si accontenta di osservare la loro attuale conformazione ma si addentra nella più antica esplorazione di un paesaggio che non esiste più… sa come e dove trovarne le tracce cercando di capire le dinamiche di questo nostro tutt’altro che dormiente pianeta.
L’evoluzione tettonica ha una importanza fondamentale nella costruzione del paesaggio in quanto forza prima nella edificazione del rilievo terrestre, sul quale opera, fino a profondità che variano nei diversi casi, il modellamento esogeno. Ecco perché uno studio geomorfologico, rivolto ad un qualsiasi paesaggio e di più ad uno costiero, non può prescindere da una conoscenza geologica della zona in esame, e dovrà essere supportato da informazioni certe sul clima, passato e attuale, come elemento influente e fondamentale sull’attività e sulle caratteristiche degli agenti erosivi e deposizionali¹.
Dal lato emerso del confine fisico terra-mare giungono quindi i sedimenti trasportati dallo scorrimento delle acque di superficie (fiumi, torrenti, fossi…) e dai movimenti di versante (frane), dall’altro la forza del mare, con il suo movimento ondoso e le sue correnti che li rimaneggiano, rielaborano e spostano. Osservare attentamente una linea di costa infine, non può quindi necessariamente prescindere dalla sua esposizione ai venti dominanti che determinano l’intensità dell’azione del mare, quell’energia meccanica che destabilizza naturalmente spiagge e falesie.
In estrema sintesi ci domandiamo: quali sono gli elementi caratterizzanti la formazione e l’evoluzione di una linea di costa (e delle amate spiagge)?
La tettonica anzitutto che ha determinato la posizione relativa tra terra e mare; la natura geologica dei terreni che corrisponde alla loro intima meccanica e grado di erodibilità delle formazioni rocciose; il clima con annessi venti, piogge e temperature; l’energia del rilievo ossia le pendenze in gioco che determinano velocità e forza di scorrimento delle acque superficiali; e infine la frequenza e l’intensità del moto ondoso sulle terre emerse, differentemente esposte.
Per portare un esempio applicativo di queste forze della natura e collocarle nel suo contesto geo-strutturale, proviamo a prendere l’Isola d’Elba; gli elementi, è sicuro, ci sono tutti.
In primo luogo all’Isola d’Elba sono stati riconosciuti i principali, tormentati e poderosi eventi tettonici che hanno presieduto alla formazione dell’Appennino Settentrionale. In secondo luogo ci corre incontro (da manuale) la Geologia, straordinariamente complessa in relazione alla modesta superficie dell’isola.
Chiunque osservi una carta geologica dell’isola, potrà notare la considerevole quantità di colori che si sono resi necessari per rappresentarla: infatti, come noto, ad ogni colore corrisponde un tipo di roccia (come dire, tanti colori tanti tipi di rocce).
Sull’isola i tre grandi gruppi, sedimentario, metamorfico e magmatico, coesistono secondo rapporti molto complessi; in particolare gli eventi magmatici assumono una forte rilevanza sul versante occidentale e, in subordine, su quello centrale, mentre nel versante orientale dominano le formazioni sedimentarie che hanno – meritano qui un minimo cenno – ospitato le mineralizzazioni ad ossidi e solfuri famosi in tutto il mondo.
Una delle conseguenze di questo complesso assetto geologico, apprezzabile anche dai non esperti delle Scienze della Terra (a volte basta osservare!), è l’estrema variabilità delle forme che caratterizza il paesaggio elbano per l’alternarsi continuo e rapido di rocce e intere formazioni che rispondono molto diversamente agli agenti esogeni e che, va aggiunto, diversamente si lasciano colonizzare dalle varie associazioni vegetali, anch’esse importanti nella azione pedogenetica².
Se poi l’osservatore si farà un po’ più attento, non potrà quindi sfuggirgli la relazione che unisce la disposizione delle rocce alle forme: scoprirà la presenza di un territorio aspro e dirupato in quelle zone ove le rocce sono più compatte e resistenti, quale si riscontra nella parte occidentale granitica, mentre il paesaggio armonizza in forme più dolci nelle zone caratterizzate da rocce più facilmente erodibili.
Il risultato è straordinario, una morfologia interna e costiera tra le più varie nel panorama mediterraneo.
Quanto agli aspetti climatici, a cominciare dal forte deterioramento dell’ultima glaciazione wurmiana, avvenuta intorno ai 18-20.000 anni fa³, e dal successivo miglioramento climatico che determinò lo scioglimento dei ghiacciai continentali e la conseguente risalita del livello del mare, la sommersione di vaste aree prima emerse ostacolò il deflusso dei torrenti causando l’alluvionamento delle valli. Lentamente, per il graduale accumulo di sedimenti, andarono formandosi le attuali pianure costiere e i depositi di spiaggia, via via che il livello del mare, sempre più prossimo a stabilizzarsi sulla linea di riva che conosciamo, cominciava a delineare le falcate costiere, rielaborando e distribuendo i sedimenti trasportati dai corsi d’acqua. Spiagge di arenile o di ghiaie, a seconda del grado di elaborazione dei sedimenti, e questo in stretta connessione con la natura litologica e la collocazione dei corpi geologici “genitori” dei sedimenti, della loro maggiore o minore tenacia nel resistere agli agenti erosivi. In questo contesto e con stesse dinamiche, in corrispondenza delle vallecole presenti un po’ ovunque lungo la costa elbana, si formarono una miriade di spiagge minori in gran parte accessibili solo dal mare.
Spiagge di sabbia chiara? Basta piantare l’ombrello nelle bellissime spiagge che circondano il granitico di Monte Capanne. Ghiaie nere (caldissime in estate)? Spiagge a componente basaltica di tratti della costa occidentale. Sabbie e ghiaie bianche? Spiagge dell’Elba centro settentrionale (da Portoferraio al Promontorio dell’Enfola) dove i “genitori” sono rocce di aplite porfirica. Spiagge di sabbia nera? Basta recarsi nel versante nord-orientale dell’isola per trovare le morbide (e roventi) sabbie di Oligisto, un ossido di ferro. Sabbie gialle? Se ne trovano di morbide e dure sul versante sud-occidentale del Promontorio del Calamita, dove si possono incontrare bellissimi accumuli eolici risalenti all’ultima glaciazione.
Sono solo alcuni esempi di varietà cromatiche e litologiche che caratterizzano le spiagge dell’Isola d’Elba e delle sue peculiarità ambientali, un’isola palestra del Geologo, una finestra sul passato che, dai recenti ambienti deposizionali litoranei, può condurre un curioso escursionista fino al Triassico medio, a 240 milioni di anni fa.
Per concludere una raccomandazione rivolta a tutti, amministratori del territorio e fruitori: l’ambiente costiero è un ecosistema estremamente delicato e in continua evoluzione. La linea di riva, tra fascia emersa e sommersa, può subire variazioni riscontrabili anche nell’arco di una sola stagione. In questo ambiente straordinario e di confine, i processi naturali che abbiamo sommariamente visto, si sommano a quelli di origine antropica. È necessario pertanto accostarsi alle spiagge per vivere con esse tutto ciò che sanno offrire… evitando rigorosamente di introdurre elementi di degrado e di destabilizzazione degli equilibri che Natura, con costanza e dedizione crea.
A noi il compito di farne virtù e non sfruttamento.
Nicola Gherarducci
Geologo
¹ Si tenga conto che per “agenti erosivo e deposizionali” si intendono sia quelli fisici sia quelli chimici. I primi sono ad esempio il vento, la temperatura e la pioggia, mentre un esempio dei secondi è dato dall’aerosol marino, importante nel processo di alterazione di uno dei componenti delle rocce granitiche. L’azione combinata dei due agenti altera profondamente le rocce, disgregandole e predisponendole al loro trasporto e deposizione verso valle.
² Formazione dei suoli per alterazione del substrato roccioso.
³ Ecco comparire la necessità di un approccio geologico e geomorfologico limitato al recentissimo passato se in studio è una linea di costa.